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Macrocosmica - Art of the Black Earth http://www.noizeitalia.com/recensioni/macro.htm Nel leggere le esperienze passate dei membri dei Macrocosmica si rimane abbastanza colpiti: tra le varie band in cui i quattro hanno militato figurano Mogwai, Bangtwister, Telstar Ponies e Teenage Fanclub. Ed in effetti solo da un background così eterogeneo poteva nascere una proposta musicale tanto stramba. Questi quattro ragazzi scozzesi hanno creato un genere che si accosta e al tempo stesso si allontana da svariate categorie come il noise, l'alternative, l'heavy rock e la psichedelia, fondendo il tutto con ampie doti di pazzia (basta leggere i titoli dei brani e guardare il booklet del cd per rendersene conto...) ed una vena oscura che permea le nove composizioni presenti. Il discorso musicale portato avanti da "Art of the Black Earth" si snoda infatti tra furori rumoristi e stasi lisergiche che sembrano richiamare alla mente le storie soniche più disparate: Sonic Youth, Pink Floyd, Karate, Motorpsycho, Flaming Lips e Queens of the Stone Age sono solo alcuni punti di riferimento, il resto viene giostrato con grande abilità e somma maestria da Keith Beacom (batteria), Gordon Brady (chitarra), Brendan O'Hare (chitarra) e Cerwyss O'Hare (basso). Chitarre devastanti e stacchi mesmerici ("V for Vendetta"), inserti spaziali e trame contorte ("Spira Solaris", "Triskaidekaphobia") sono il marchio di fabbrica del gruppo, sempre pronto a sorprendere e spiazzare l'incauto ascoltatore. "Bunuel" è un tributo al cineasta spagnolo giocato sull'alternanza della delicata voce di Cerwyss, di arpeggi onirici ed esplosioni fragorose, mentre "Totem D." si concede ampie divagazioni melodiche con il solito contrappunto di stacchi violenti ed inserti chitarristici lancinanti. Dunque è soprattutto l'effetto straniante di ogni singola canzone a rendere questo dischetto appetitoso e stimolante, caratteristica che opera dal primo all'ultimo secondo, quando dopo essere passati per le pause nervose di "Terra Ungunka" e le fiabesche atmosfere folk noise di "Albanian Modes" si giunge all'afflato conclusivo dell'ironica "Michael Jackson, child toucher", il cui titolo è più esplicativo di qualsiasi altro riferimento... Un lavoro che confonde, diverte, stordisce, distrugge, emozioa. Cosa chiedere di meglio? (Living Rain) |
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translation from alta vista...
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